Brave Arrows > Mourning Underground

C’è qualcosa di veramente affascinante quando un artista riesce a sganciarsi dalle rigide logiche del mercato discografico e dalle restrizioni che spesso cercano di conformare la creatività ad un certo tipo di standard commerciale predefinito. È proprio privilegiando l’urgenza espressiva, infatti, che un artista può far fluire liberamente la propria ispirazione, dando così vita ad opere per certi versi atipiche e che sfuggono a qualsiasi etichetta o classificazione. È questo il caso di Mourning Underground, il primo album completo firmato Brave Arrows di Michael Socrates, la mente dietro gli iconici If These Trees Could Talk. Il disco, pubblicato per le etichette Post. Recordings e Moment Of Collapse, prosegue il percorso iniziato con l’EP del 2020, When Will You Return. Questo nuovo lavoro affonda le radici nella dolorosa e improvvisa scomparsa del padre di Socrates, un evento traumatico e inaspettato che ha agito da potente catalizzatore di ispirazione nel cuore del musicista dell’Ohio, spingendolo a plasmare una forma musicale in grado di contenere l’incessante e continuo fluire delle emozioni provate. Il geniale cofondatore degli If These Trees Could Talk ha quindi inizialmente composto i brani in solitudine, suonando tutti gli strumenti; la successiva trasformazione del progetto in una formazione dal vivo ha influenzato significativamente la registrazione del disco, portando una nuova ed ardente energia al processo creativo.

Gli orizzonti sonori esplorati in questo album sono incredibilmente diversificati. Già dall’apertura con “Close to the Stem”, si percepisce chiaramente che questo lavoro non si accontenta solamente di veicolare adrenalina ed energia; sembra piuttosto averne un forte bisogno. La potenza e l’aggressività dei riff di chitarra e le bordate di rullante colpiscono con forza da subito, travolgendo con una carica inaspettata e spiazzante, soprattutto per chi è abituato alle costruzioni sonore più dilatate ed atmosferiche degli If These Trees Could Talk. Con la successiva “Whisper Network” ci si sposta verso territori più eterei e post-rock, ma comunque permeati da contaminazioni elettroniche, tra sintetizzatori ed effetti vari. Una sorta di sonorità sintetica e spaziale dalle parti dei Collapse Under the Empire con un piglio chitarristico di alto livello, alla quale si affiancano sezioni più concitate e distorte (presenti in larga parte in tutto il disco). “The Tongues of Men” presenta un pattern di batteria molto dinamico e riff possenti che evocano l’adrenalina di un videogioco; è una traccia che combina la ruvidezza del suono generale a sezioni più veloci, in una specie di connubio molto equilibrato tra metal e synth-rock. “Kingmaker” offre un’interessante combinazione di batteria elettronica e sintetizzatori per poi aprirsi a richiami più marcati allo stile degli If These Trees Could Talk nei fraseggi chitarristici, creando un’interessante fusione tra la freschezza degli elementi elettronici e le sonorità iconiche del progetto principale di Socrates. “How to Find the One to Break Your Heart” sorprende con un toccante intermezzo in cui un messaggio affettuoso del padre di Socrates emerge sopra un delicato giro di chitarra acustica; questa dolcezza contrasta in modo affascinante con l’irruenza grezza che pervade nel resto dei brani in scaletta, aggiungendo un tocco di intimità e significato alla traccia. L’album, nel suo complesso, sembra dipingere una serie di scenari intrisi di un caos che comunque riesce a manifestarsi in modi differenti da un punto di vista creativo. Ad esempio, in “The Fear Keeps Us Here”, il tumulto è espresso attraverso possenti chitarre distorte e muri di suono enormi che ricordano il suono monumentale dei Deftones, catturando con grande efficacia la sensazione di essere bloccati e intrappolati in situazioni difficili, annaspando alla ricerca d’aria. D’altra parte, un brano come “Dig Your Ditches Deeper” fonde in modo affascinante elementi di introspezione tipici del post-rock, soprattutto nel giro di chitarra pulita del bridge, ma questo paesaggio sonoro è immerso in una veste più marcatamente metal con sfumature elettroniche, creando una composizione ibrida e variegata; un po’ come se gli If These Trees Could Talk decidessero di abbracciare un’estetica industrial dalle parti dei Nine Inch Nails. Il disco riesce a farsi notare anche e soprattutto per ciò che riguarda la natura sperimentale e libera di cui si fregiano le composizioni: “Den of Spies” presenta percussioni tribali e riff saturi e prominenti che evocano un’atmosfera progressive metal, rivestita però degli onnipresenti elementi elettronici e dagli efficaci vocalizzi eterei. “Not Mountain but Waves,” il cui titolo cita la famosa scena del film Interstellar, offre una traccia assai rabbiosa, con chitarre massicce che inanellano riff pesanti come se piovesse: anche qui è molto riuscito il connubio tra gli elementi post-metal e l’elettronica dei sintetizzatori sullo sfondo. La conclusiva “Shadow Crew” è caratterizzata da un intrigante susseguirsi di diverse dinamiche musicali; inizia con riff claustrofobici e ripetitivi che creano una sensazione di tensione crescente, per poi aprirsi a fraseggi più ariosi e liberatori. Questo alternarsi costante di tensione e rilascio crea un vortice di energia implacabile e molto efficace; a metà brano, poi, il paesaggio sonoro si evolve in una direzione che ricorda i Tool di Lateralus, con l’aggiunta di numerosi effetti sintetici e intarsi sonori quasi dubstep a rendere il tutto più originale.

Nel complesso, Mourning Underground è un album che sfida le aspettative e offre una varietà di elementi musicali che si fondono in un’esperienza sonora confusionaria (nel senso buono del termine) che comunque riesce a privilegiare il groove e la dinamica. La produzione futuristica, la complessità e l’energia grezza dei brani contribuiscono ad erigere un’atmosfera in cui si è avvolti dall’irruenza, elemento centrale nel processo di esplorazione ed elaborazione del lutto, alla ricerca di una catarsi che abbracci in pieno la complessa e confusionaria natura di queste emozioni tumultuose. È un lavoro che descrive in pieno la forza creativa di Michael Socrates e come la sua vita sia profondamente dedicata alla musica, che in questo caso riveste il ruolo di linguaggio per incanalare il dolore in un’opera musicale che, sebbene caotica, risulta estremamente compatta e a fuoco.

(Post. Recordings, Moment Of Collapse, 2023)

1. Close to the Stem
2. Whisper Network
3. The Tongues of Men
4. Kingmaker
5. How To Find The One To Break Your Heart
6. The Fear Keeps Us Here
7. Dig Your Ditches Deeper
8. Den Of Spies
9. Not Mountains But Waves
10. Shadow Crew

7.5