Wolfredt > IIII

Wolfredt, band di post-rock proveniente da Tallinn, Estonia, sono guidati dal talentuoso cantautore Margus Voolpriit. Dopo aver pubblicato due album come progetto solista, durante la scrittura del terzo disco il musicista ha avvertito il desiderio di trasformare la sua creatura in una band a tutti gli effetti, arricchendo il suono attraverso l’inserimento di nuovi membri, al fine di esplorare nuove soluzioni sonore. Come band consolidata, i Wolfredt hanno dato vita nel 2020 al loro terzo lavoro, Tides, che è stato apprezzato in modo pressoché unanime dalla critica. Con la scrittura di nuova musica, il gruppo ha assimilato influenze più intense ed oscure che hanno contaminato le tracce di questo quarto album, intitolato semplicemente IIII. E in effetti il sound di questo nuovo lavoro potremmo definirlo post-rock progressive: è caratterizzato da una straordinaria combinazione di effetti, sintetizzatori, chitarre distorte e atmosfere rumorose; in questi sette brani sono presenti sia sezioni malinconiche tipiche della musica strumentale che altre più sporche e piene di groove, oltre a momenti di luminosa grandiosità.

L’album prende il via con l’energica “The Seer”, che cattura immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore con un potente riff di chitarra campionato. La batteria entra in scena con un ritmo essenziale che evoca quasi una marcia ipnotica; è certamente un inizio che mette in risalto la forza e l’impatto della musica degli Estoni. Le chitarre, intrecciando intricati fraseggi in tremolo, dipingono un paesaggio ampio e spazioso; il riverbero sognante in cui sono avvolte le note aggiunge un tocco di fascino etereo assolutamente azzeccato. Man mano che il brano si sviluppa, si avverte una tensione crescente, che culmina in un’esplosione liberatoria a metà del brano, preceduta da un rullante che si intensifica sempre di più. La struttura del brano funziona, soprattutto per via dell’energia tagliente delle chitarre distorte unite alle sfumature sognanti dei fraseggi tipici del post-rock. È un connubio di stili che si fonde in un unico organismo di potenza sonora. Dopo questa intensa apertura, I Wolfredt ci guidano in un territorio completamente diverso con la traccia successiva, “Under The Spell”: il suo coinvolgente tiro stoner rock, arricchito da molteplici effetti, destabilizza nel miglior modo possibile. I riff di chitarra sono potenti e distorti, ma è l’aggiunta dei sintetizzatori che colpisce di più: i suoni si intrecciano e si sovrappongono, generando un mix affascinante di potenza e atmosfera, una sorta di confusione psichedelica che avvolge l’ascoltatore in un vortice sonoro intrigante. Con “Terra Nullius” invece si ritorna completamente nel familiare ed etereo mondo del post-rock, per un brano che offre un’esperienza d’ascolto di tutto rispetto. Fin dalle prime note, l’atmosfera si sviluppa in modo intenso, abbracciando sonorità ambient dilatate dall’indubbio fascino mistico; in alcuni tratti mi ha suscitato emozioni simili a quelle delle parti più calme della suggestiva colonna sonora di Interstellar di Hans Zimmer. Il riverbero, abilmente utilizzato su una delle chitarre, evoca una sensazione di profonda malinconia, talvolta claustrofobica, mentre la sporadica comparsa dello xilofono aggiunge un’imprevedibile sfumatura di mistero. Presto, la traccia si anima con un arpeggio incalzante, sostenuto dal battito vigoroso della batteria. In un susseguirsi di nove minuti avvincenti, “Terra Nullius” intreccia abilmente tantissime emozioni, ma è in uno dei momenti più intensi che la magia accade: l’improvvisa comparsa di un synth spaziale, che richiama alla mente i Muse di “Space Dementia”, si unisce a una voce urlata, quasi sospesa nell’etere sonoro. È come se un fulmine improvviso squarciasse l’atmosfera, generando un’energia potente e imprevedibile che si fonde alla perfezione con i riff di chitarra distorta. È uno di quei momenti che fanno venire i brividi, lasciando un segno indelebile nella memoria. Se ciò non bastasse, il finale è sorprendentemente pieno di groove, e chiude quello che personalmente considero il pezzo più coinvolgente di tutto l’album. Dopo cotanta intensità, la successiva “Oh Brother” offre un agognato momento di respiro, concedendo un breve momento di tranquillità e riflessione. Qui, la delicata linea melodica al pianoforte si fa strada, trasmettendo un senso di serenità e pace interiore. Le note fluide e raffinate del pianoforte evocano immagini di spazi infiniti, anche stavolta reminiscenti della colonna sonora di Interstellar. Accompagnando la melodia principale, una chitarra acustica aggiunge un tocco di calore e intimità, mentre il violino sullo sfondo dona ulteriore ricchezza e profondità alla composizione. La disposizione sapiente dei brani nell’intera tracklist trova in “Oh Brother” un punto di equilibrio, in cui il contrasto con l’intensità precedente crea una bellissima sinergia armonica. È un momento prezioso che rafforza l’esperienza d’ascolto, mostrando come la giusta sequenza di brani possa rendere ancora più significativo l’ascolto di un disco. I due brani successivi, “Skeleton Key” e “Assegai”, si integrano armoniosamente nel flusso dell’album, offrendo una varietà di suoni e sensazioni che arricchiscono l’esperienza d’ascolto nel suo insieme. “Skeleton Key” si distingue per la sua natura mutevole e sperimentale, con un’estetica che sembra sfuggire dalle melodie convenzionali: reverse delay, chitarre in tremolo, texture affascinanti unite a sonorità progressive-metal con i familiari riff potenti e corposi. “Assegai” invece convince per la sua efficace combinazione di groove e stratificazioni sonore, richiamando alla mente i Russian Circles. Entrambi i brani concorrono a creare un’atmosfera coinvolgente e stimolante, apportando una varietà e una freschezza anche laddove possa essere presente qualche passaggio più ripetitivo. La conclusione è affidata a “The Original Android”, un brano che riporta in primo piano l’atmosfera avvolgente e coinvolgente del post-rock, regalando anche alcune piacevoli sorprese: la prima cosa che stupisce è la chitarra acustica, che si fonde armoniosamente con una meravigliosa linea di chitarra riverberata, evocando la sensazione di uno spazio aperto baciato dal sole. Si possono percepire delle influenze che sono confluite nel brano, che non lo rendono affatto derivativo; piuttosto lo migliorano. Le vibrazioni piacevoli della sopracitata chitarra acustica richiamano alla mente “Circles on Circles” dei Caspian; nel bridge, gli elementi sonori sullo sfondo evocano le sonorità fuori dal tempo di “Untitled 4” dei Sigur Rós, mentre l’arrangiamento degli ottoni fa pensare agli *shels di “Leaving the Plains”. Questa combinazione di influenze contribuisce a creare un umore sereno e disteso che irradia calore, in totale contrapposizione ad altri brani grandiosi come l’intensa e struggente “Terra Nullius”; la differenza nelle sensazioni suscitate, d’altra parte, contribuisce al senso di avanzamento e completezza dell’album, rendendo la conclusione con “The Original Android” ancora più significativa.

Tirando le somme, IIII offre un’esperienza musicale estremamente piacevole ed appassionante. Le tracce sono ben strutturate e ricche di atmosfera, e i diversi elementi sonori (soprattutto i sintetizzatori) contribuiscono a tenere sempre alto l’interesse; la combinazione di influenze e sonorità sapientemente mescolate conferisce all’album un carattere molto distintivo. Le composizioni melodiche, le sezioni ritmiche incisive e le atmosfere avvolgenti si fondono per creare un’esperienza musicale di tutto rispetto, e nonostante qualche passaggio un po’ ripetitivo il disco funziona e si presta benissimo al riascolto. Le influenze sono riconoscibili, ma i Wolfredt sono comunque riusciti ad imprimere al lavoro un suono originale e fresco che si distingue nel multiforme panorama del post-rock strumentale: l’album merita un’attenzione speciale da parte degli amanti del genere, poiché rappresenta una promettente evoluzione per la loro carriera. Con un coraggioso approccio ad evolversi mantenendo un sound riconoscibile, il futuro della band si prospetta estremamente promettente.

(Moment Of Collapse Records, 2023)

1. The Seer
2. Under The Spell
3. Terra Nullius
4. Oh Brother
5. Skeleton Key
6. Assegai
7. The Original Android

7.5