I Paint The Sky Red, ensemble post-rock strumentale originario di Singapore, hanno deciso di porre fine al proprio viaggio musicale con l’uscita di un album conclusivo, TAMAT. Pubblicato in digitale nell’ottobre del 2023 e distribuito in formato fisico a febbraio di quest’anno dall’etichetta Moment Of Collapse Records, questo lavoro rappresenta il culmine di una carriera di spicco, in cui il vero punto di svolta è stato il secondo album, Not All Who Wonder Are Lost, pubblicato nel 2015; un gran bel disco che ha catalizzato l’attenzione sulla band, confermandoli come una delle migliori realtà nel panorama internazionale della musica strumentale. Ora, a cinque anni dall’ottimo There Is A Tomorrow You Don’t Know, i post-rockers singaporiani tornano con un lavoro di inediti che rappresenta una sorta di addio dolceamaro alla loro avventura musicale. Con un senso di chiusura e gratitudine, la band ha dichiarato che spera che l’album possa fornire conforto a coloro che affrontano le proprie fini personali e i conseguenti nuovi inizi.
In malese, la lingua nativa del gruppo, la parola “tamat” significa proprio “fine”, o più in generale “completato, finito”. Oltre a dare il titolo al disco, della durata generosa di un’ora, “tamat” è anche il nome scelto per il primo brano in scaletta. Il brano si apre con un’introduzione eterea, in cui gli strumenti costruiscono un’atmosfera ambient che presto si evolve verso una forma più convenzionale di canzone post-rock. Nonostante la transizione non sia fluidissima, il pezzo mantiene comunque un forte impatto, grazie a melodie coinvolgenti e intrecci di chitarra efficaci; il finale è molto potente, oltre ad esser caratterizzato dall’insorgere di un coro e da un tremolo che si fa strada con forza. La successiva “bussorah” si apre con una solida linea di basso che sorregge la melodia malinconica tracciata dalla chitarra, a cui se ne aggiunge un’altra arricchita da un riverbero che si estende dolcemente nello spazio con la delicatezza di un abbraccio. Man mano che il brano si evolve, il pattern di batteria si fa più incisivo e i riff più vigorosi, creando un contrasto coinvolgente, a cui si somma un coro di voci nella sezione più concitata. Il bridge che segue è pura magia: un fraseggio malinconico eppure speranzoso prende il sopravvento, accompagnato da una chitarra che intreccia melodie più fresche e vibranti. È un momento di puro trasporto emotivo, che sinceramente avrei voluto sperimentare prima nel brano: la melodia è troppo bella per essere relegata solo alle parti finali, a mio parere. Credo sia il mio momento preferito dell’intero disco. Si prosegue con “putri”, in cui la risata gioiosa di un bambino crea sin da subito un’atmosfera di serenità e leggerezza. Delicati arpeggi di chitarra avvolgono la mente in uno stato di profonda tranquillità, e verso metà brano emerge un leggero cambiamento, caratterizzato dall’ingresso di una chitarra distorta che aggiunge una sottile tensione al mood complessivo. Il pattern di batteria si anima, diventando più dinamico e imprevedibile, riflettendo questa nuova direzione. Nonostante il ritorno alla calma verso la fine, la presenza del tremolo riverberato a destra aggiunge quell’emozione tipica del post-rock, una sorta di malinconia trionfale, che in questo caso si sposa particolarmente bene con il tema principale dell’album. Il brano a seguire, “nescaya”, cattura subito l’attenzione con la melodia sognante di un pianoforte dal suono veramente piacevole: le note fluttuano nell’aria e fanno pensare a certi God Is An Astronaut. La presenza della chitarra in tremolo riverberata sullo sfondo contribuisce a donare all’atmosfera una natura eterea e nostalgica, ma è indubbiamente il piano con la sua melodia sognante il vero protagonista, almeno finché non cede spazio alle linee di chitarra della sezione centrale, nei cui dialoghi sono evocate emozioni e colori tipici del post-rock. In un certo senso è come se la tensione crescesse in lontananza, persa nel riverbero e nei ricordi, mentre i riff puliti mantengono ancorata la composizione al presente; anche qui inoltre è presente un coro molto suggestivo in chiusura. La successiva “م (mīm)” presenta una struttura più convenzionale, con diverse sezioni che alternano momenti più calmi ad altri più spigolosi. Il sound avvolgente dell’insieme richiama l’epicità dei Mono, con atmosfere quasi invernali e nostalgiche nei fraseggi di chitarra: c’è anche un crescendo che acquisisce dinamismo con il variare del pattern di batteria, dapprima solo nel rullante, e poi con variazioni sottili nei piatti. È un crescendo che non punta a raggiungere un climax quanto a stabilire un’intensità generale, soprattutto grazie ai riff più taglienti a sinistra e all’incedere compatto di tutti gli strumenti. Segue “menyerlah”, composizione caratterizzata da un’atmosfera ovattata, arricchita dal delay reverse, il cui utilizzo contribuisce a tratteggiare uno scenario delicato e suggestivo. Sebbene alcune parti possano risultare ripetitive, il coro angelico e i riff di chitarra dalla natura quasi indie-rock aggiungono profondità alla composizione. Richiamando alla mente il suono etereo dei Sigur Rós, “menyerlah” si distingue come una delle tracce più interessanti dell’album, nonostante una lunga introduzione che potrebbe essere stata più concisa. La traccia conclusiva, “sedar”, inizia con un mood rilassante e disteso, caratterizzato da un bel pattern di batteria che ricorda una marcia. Con l’aggiunta di una chitarra acustica e un coro che ricorda i The World Is A Beautiful Place & I Am No Longer Afraid To Die, il brano sembra quasi abbracciare elementi dell’emo-post rock. Il climax a base di chitarre distorte è seguito da una sezione serena con riff puliti ed ampi riverberi, e contribuisce a concludere l’album in modo suggestivo e pacato, con un finale accentuato dal delay reverse che sfuma dolcemente in un fade out.
Nonostante alcuni passaggi possano risultare un po’ ripetitivi e manchi a tratti un po’ di variazione nel ritmo e nella struttura delle composizioni, TAMAT rimane un lavoro di grande valore artistico ed emotivo. In generale, si tratta di un ottimo album che, essendo anche l’ultimo della loro carriera, assume un significato particolare nel riflettere il talento e l’impegno dei Paint The Sky Red nel corso degli anni. Rappresenta un degno epilogo della loro storia musicale, e offre momenti di bellezza e profondità che arrivano dritti al cuore e saranno sicuramente apprezzati dagli appassionati del genere. D’altronde, come insegnano gli Explosions In The Sky nel loro ultimo album End, una fine, seppur triste per definizione, può rappresentare anche qualcosa di profondamente bello.
(Moment Of Collapse Records, 2024)
1. tamat
2. bussorah
3. putri
4. nescaya
5. م (mīm)
6. menyerlah
7. sedar