Collapse Under The Empire > Recurring

Se Friedrich Nietzsche avesse vissuto nel nostro tempo, avrebbe indubbiamente trovato nell’ultimo lavoro dei Collapse Under The Empire una notevole fonte di ispirazione. Recurring, il nono capitolo discografico del duo post-rock tedesco composto da Chris Burda e Martin Grimm, sembra abbracciare il concetto nietzschiano dell’eterno ritorno, portandoci a riflettere sul ciclo infinito che alterna distruzione e creazione. Questo tema, sebbene non raro nella scena post-rock, si rivela affascinante e sorprendentemente attuale; è la rappresentazione dell’incessante ciclo dell’esistenza, una danza eterna in cui ogni evento si ripete inesorabilmente, in un ininterrotto flusso di decostruzione e rinascita. L’album, in uscita il 29 settembre per Finaltune Records, prosegue il percorso tracciato dalla lunga carriera del duo, soprattutto nel precedente Everything We Will Leave Beyond Us, pubblicato nel 2020. Nonostante siano sempre presenti gli scenari distopici e sintetici tanto cari ai Nostri, in questa nuova opera emerge un profondo senso di speranza che va al di là della mera devastazione, abbracciando una sorta di redenzione purificatrice. Dal punto di vista sonoro, questo Recurring si fregia delle stesse caratteristiche che hanno portato i Collapse Under The Empire ad affermarsi nel vasto panorama del post-rock strumentale. Il loro stile, perfezionato in 15 anni di carriera, parte sì dal post-rock, ma tende ad espandersi in una coinvolgente fusione di influenze eterogenee: la solennità della musica cinematografica, lo spirito sognante dello shoegaze, le atmosfere evocative del trip-hop e l’eleganza sofisticata dei sintetizzatori si uniscono in un unico calderone entusiasmante. Questa ricca palette sonora si sviluppa in paesaggi sonori ampi, che abbracciano una costante sensazione di magniloquente epicità, dando vita a brani che narrano storie con tratti universali. Le sonorità scolpite minuziosamente dai tedeschi evocano un intenso legame con lo spazio e le profondità cosmiche, stabilendo un’affinità con band come God Is An Astronaut65daysofstaticExxasenspg.lost, che hanno spesso esplorato le dimensioni astrali del suono e delle emozioni evocate dall’avventurarsi nell’infinito, trascendendo confini e galassie.

Questo viaggio sonoro cosmico verso l’ignoto inizia con “Genesis”, una traccia che ci accoglie con un beat incessante e una molteplicità di elementi musicali, tra cui sintetizzatori immersi in delay e archi. “Revelation”, primo singolo del lavoro, fa capire bene il motivo per cui molti brani del duo sono stati usati come trailer: un sintetizzatore nostalgico ci trasporta ben presto in uno scenario epico in movimento, con immagini che fomentano e galvanizzano. Nella sezione più lenta a metà brano sembra veramente di assistere ad una rivelazione profonda e significativa, come se il nostro ipotetico eroe avesse capito veramente la sorte che lo attende. Le tracce successive, “Mercy” e “Absolution”, continuano la narrazione in modo eccezionale. In “Mercy”, una vivace linea di pianoforte si fa largo attraverso uno spazioso tappeto di sintetizzatori in vibrato, tra fraseggi di chitarre riverberate e accenti di elettronica quasi industrial. “Absolution”, d’altra parte, è caratterizzata da un intricato e efficace pattern di percussioni, attorno al quale le chitarre si librano in riff che fluttuano nel paesaggio sonoro, tra ampi riverberi, note dolci di pianoforte e crescendo dinamici che culminano in esplosioni gioiose. La successiva “Requiem” porta con sé un’atmosfera di solenne malinconia, evocando il fallout di una catastrofe o i rottami arrugginiti e dimenticati di una battaglia spaziale che vagano nell’infinito del cosmo: un coro di voci lontane ed una timida chitarra in tremolo accentuano questa atmosfera di desolante bellezza. “Forgiveness” è un brano post-rock davvero magnifico, con intrecci melodici vorticosi e una batteria estremamente compatta. Il pianoforte svolge un ruolo importante nel processo di risoluzione del brano, contrastando il caos creato dalle chitarre e dai numerosi effetti disseminati nel paesaggio sonoro circostante. “Salvation” si concentra sul lato elettronico del duo, richiamando atmosfere glaciali simili a The Fallen Ones del 2017. Chitarre e sintetizzatori si uniscono per creare un’esperienza sonora intensa ed anche molto orecchiabile: il motivo principale che accompagna tutto il brano si fissa in mente anche nei momenti più intensi, dal punto di vista della strumentazione. “Apocalypse” è un’altra composizione assolutamente epica intrisa di elementi cinematografici ed elettronici, con un finale nostalgico e sontuoso, sottolineato dagli archi: verso la fine sembra quasi di osservare al rallentatore l’esplosione di un pianeta o di una supernova, ma si tratta di una malinconia imponente e per certi versi liberatoria. Nella conclusiva “Creation”, le calme e riflessive note di chitarra si alternano ai sintetizzatori, e questi momenti di tranquillità sono bilanciati da sezioni più trionfali e grandiose, che si ergono come una celebrazione della vita e dell’esistenza stessa, che trova il modo di ergersi anche a fronte della dissoluzione: ogni distruzione porta con se’ una nuova rinascita, e le diverse sezioni del brano evocano proprio questo concetto.

In conclusione, Recurring si afferma come un’opera assolutamente azzeccata. I Collapse Under The Empire mantengono l’alta qualità produttiva a cui ci hanno abituato nel corso di una lunga carriera, e questo album non fa di certo eccezione. Sarà estremamente apprezzato da coloro che amano il post-rock che abbraccia la narrativa cinematografica al di sopra della semplice malinconia e introspezione, tipici del genere; qui la musica si presenta grandiosa e trascendente, evocando scenari spaziali e cosmici che ci catapultano nelle profondità astrali dell’universo. Ascoltare questo disco in cuffia è un’esperienza davvero consigliata: è come ritrovarsi a viaggiare a bordo di una navicella spaziale, con la possibilità di osservare stelle, nebulose e galassie, in una tavolozza di colori incredibili che prendono vita nel paesaggio sonoro. La musica abbraccia momenti di rock oscuro, suggestioni elettroniche e persino sfumature orchestrali e ambient, che catturano l’immaginazione per poi risvegliare i sensi con esplosioni di luce e intensità. Questa varietà di tonalità e dinamiche crea un’esperienza profondamente coinvolgente e appagante, invitando a tornare a scoprire ulteriori sfumature con ogni nuovo ascolto. Non da ultimo, va sottolineato l’eccelso livello di produzione, in cui ogni strumento risuona in modo chiaro e cristallino, regalando un’esperienza sonora di straordinaria nitidezza e dettaglio. Va detto che in 15 anni di carriera è normalissimo che una band possa utilizzare alcune soluzioni già sperimentate o che ci sia qualcosa di già sentito qua e là, ma i Collapse Under The Empire dimostrano di avere comunque una maestria unica nell’applicare queste tecniche, privilegiando la freschezza della proposta; gli appassionati di post-rock potrebbero riconoscere alcuni degli stratagemmi tipici del genere, e ciononostante questo Recurring rimane coinvolgente dall’inizio alla fine, senza mai stancare.

(Finaltune Records, 2023)

1. Genesis
2. Revelation
3. Mercy
4. Absolution
5. Requiem
6. Forgiveness
7. Salvation
8. Apocalypse
9. Creation

7.5