Da qualche tempo la Polonia continua a stupire per ciò che concerne il genere del post-rock. Tra le tante buone proposte degli ultimi anni figura indubbiamente The Last Cruise, debutto degli Yenisei, che nel 2019 si era distinto per le bellissime trame cinematografiche “marine”, con un’atmosfera suggestiva e un artwork perfettamente in linea con il titolo. La pregevole fattura delle soluzioni sonore del primo disco trova una deliziosa conferma in questo nuovo lavoro, Reflections. Quello che è subito evidente è il netto miglioramento per ciò che riguarda la registrazione e la produzione, che qui assume una veste molto più calzante e adatta alle atmosfere evocative scolpite dal sound della band.
La profonda fascinazione per il mare conferisce alla musica strumentale del quintetto polacco quella dicotomia sonora che ne descrive l’imprevedibilità e il calore: il disco si apre con un brano epico dall’ossatura tipicamente post-rock ed è tremendamente efficace nel suggerire l’incedere quasi narrativo che caratterizzerà tutto il lavoro, in un fiorire di brani azzeccatissimi. L’imponente “Waves” ribadisce la natura duale del mare, con quel climax a metà brano che muove le sonorità liquide in territori più metal, con riff più granitici e muscolari che descrivono l’irruenza imprevedibile delle onde. I synth posti in chiusura fanno da spartiacque (gioco di parole non voluto) per una coda dalle ritmiche inattese e fresche. Proseguendo l’ascolto si nota che tutto il disco è di ottimo livello, e ogni traccia ha qualcosa da raccontare e per cui farsi ricordare. Ad esempio nei riff riverberati di “Aftermath”, che si inseriscono nelle dolci note di pianoforte dell’introduzione, si percepiscono echi di epicità alla Explosions In The Sky (periodo Take Care, Take Care, Take Care): i pattern di batteria conferiscono una solennità notevole alle progressioni, che abbracciano un’atmosfera dinamica, sempre in bilico tra una sezione più nostalgica e un irrobustimento della sezione ritmica. La melodia che si erge dopo il bridge poi è talmente azzeccata che resta in mente a lungo anche dopo la fine del pezzo: probabilmente perché privilegia in egual misura sia il lato emotivo che quello dell’orecchiabilità. Una delle caratteristiche migliori di questo album è quanto riesca a catturare la mente dell’ascoltatore nel dipanarsi delle diverse atmosfere che lo compongono: ascoltando la suggestiva “Memories of Times Before”, ad esempio, sembra quasi di navigare nello specchio d’acqua dei ricordi, tra fraseggi eterei tipicamente post-rock e paesaggi sonori malinconici dove è privilegiato il fattore ambient. Tuttavia le progressioni prendono una deriva confortante e carica di una luminosa energia, prima di tornare agli umori nostalgici del riff principale, stavolta impreziosito da delicate note di pianoforte. E che dire di “All That You Could Become”? Uno dei brani migliori del lotto per chi scrive: echi di If These Trees Could Talk, chitarre sature che costruiscono una tensione sonora notevole che collima in un crescendo a più riprese: la sezione finale è una goduria incendiaria quasi post-metal, infarcita di un sottobosco di effetti ambient a colorare l’urgenza dei riff. Si tratta di un lavoro compatto e coeso, suonato bene e registrato ancora meglio. Chi ascolta tanto post-rock troverà un senso di familiarità nell’approcciarsi all’ascolto di Reflections, e sebbene le soluzioni adottate talvolta possano risultare prevedibili ai più avvezzi del genere, le composizioni riservano piacevoli guizzi di freschezza: un sintetizzatore, un cambio di ritmica, un fill di batteria inaspettato. Il disco è costellato di momenti memorabili in grado di attirare l’attenzione e al contempo scuotere l’anima; i brani trasmettono una sensazione di profonda calma e completezza anche nelle fasi più adrenaliniche e concitate, dove viene privilegiato il lato ritmico con riff più elettrici e taglienti. La bontà della produzione fa il resto: si veda “Blurred Horizon”, che accumula tensione per poi rilasciarla in modo esemplare con un finale al cardiopalma, o “No Escape”, che con le sue atmosfere suggestive a base di riff elettrici e voci bianche ricorda i migliori episodi dei God Is An Astronaut.
Giungendo al brano di chiusura, “Returns”, tra inserti elettronici e tappeti sonori ambient si prova una serenità paragonabile all’osservare un paesaggio sconosciuto, nuovo e incontaminato, al termine di un viaggio per il quale si siano spese molte energie. E non è forse questa la sensazione che si prova quando si scoprono lati nuovi dell’anima, dopo aver attraversato l’impetuoso mare delle riflessioni? Reflections garantisce 50 minuti di oniriche fughe dalla realtà verso mete inesplorate, ma con un delizioso senso di familiarità e calore.
(Autoproduzione, 2021)
1. Gravity
2. Waves
3. Aftermath
4. Bitter Cold
5. Abandoned
6. Blurred Horizon
7. No Escape
8. Memories of Times Before
9. All That You Could Become
10. Returns